(La virtù non è di questo mondo.)
A dispetto del loro aspetto, vagamente antropomorfo, non avevano né pensieri, né sentimenti. Almeno come li intendiamo noi. Non provavano emozioni. Né odio, né amore. Né coraggio, né paura. E solo a distanza di tempo si scoprì che erano pervasi da un’energia sconosciuta che qualcuno definì: vis cosmica. L’assonanza non vi depisti, ho detto: c o S m i c a!
Ormai vivevano tra noi da alcuni anni. Gli Spaziali, così li avevamo chiamati perché, dopo attente ipotesi, studi, ricerche, sembra provenissero dall’Interspazio e non da un solido pianeta, riflettevano e reagivano ad ogni atto minimamente minaccioso, violento, brusco, fuori dalla norma, che compivamo noi terrestri. Si trattasse di un intenzionale gesto d’offesa; un’ inaspettata, inconsulta, rabbiosa reazione; o di un incontenibile sommovimento corporeo apparentemente ostile. Con una piccola differenza: lo moltiplicavano per dieci. Non uno di più. Non uno di meno. Ieri, per esempio, un automobilista aveva sclerato perché uno di loro inavvertitamente, per ignoranza, aveva attraversato col rosso. Senza pensarci su due volte, l’uomo era sceso e gli aveva mollato un ceffone. Lo Spaziale, con grande compostezza, gliene aveva restituiti dieci, uno sull’altro e in così rapida successione che il tapino non aveva nemmeno fatto in tempo a dire ba, che si era ritrovato la faccia gonfia come una Luna piena.
Pochi giorni prima, un ragazzotto della DHL, sapete uno di quelli esuberanti, tarantolati auanagana da banlieue, aveva avuto l’avventura di trovarsi in ascensore con uno di questi esseri. Chissà, forse per un improvviso eccesso di esuberanza ormonale, o travolto dall’emozione, o forse solo per fare lo spiritoso, aveva sganciato una puzzetta. Una di quelle silenziose... Arrivati al decimo piano, la porta si era aperta ed il povero era uscito vacillando, tutto cianotico in volto, lo sguardo perso, in totale stato di incoscienza. Ricoverato d’urgenza, pare che lo sventurato si trovi ancora sotto tenda a ossigeno. Ne avrà per almeno un mese. Se tutto andrà bene.
Insomma, ciò che rendeva questi visitatori così diversi da noi non era tanto l’aspetto, di certo poco decifrabile e rassicurante, ma il fatto che essi moltiplicavano, assai beyond the borders, cose a cui assistevano. E che originavano più o meno consapevolmente da noi umani, rompendo in qualche modo uno stato di compostezza, equilibrio e serenità. Naturalmente, all’inizio, questo destò grande sorpresa, poi meraviglia. Che si trasformò col tempo in preoccupazione. Per diventare, alla fine, vero e proprio terrore. Ma procediamo con calma e ordine, e seguiamo l’evoluzione di questi stati d’animo, che andò di pari passo con i mutamenti del comportamento di questi enigmatici forestieri.
Arrivarono all’improvviso, così risulta dalle cronache di quei giorni, nei primi mesi del 2012, anno che si rivelò essere, al di là delle più apocalittiche profezie, uno dei meno turbolenti del nuovo secolo. Non si sa come. Né per quale via. Perché di fatto non sembravano servirsi di navicelle spaziali, come la nostra fervida immaginazione continuava a raffigurarsi da oltre un secolo. A detta degli scienziati NASA, fecero la loro apparizione - novanta su cento - teletrasportati contemporaneamente un po’ ovunque. Per stabilirsi nelle zone più disabitate di ogni continente. Lontani da occhi indiscreti.
Per mettervi subito tranquilli, diremo che non sembravano né buoni, né cattivi. Non potevano definirsi completamente asociali. Parevano rispettosi e non davano nessun fastidio. Più che desiderosi di entrare in contatto con noi, sembravano curiosi. Si accontentavano di osservarci. Qualcuno, più malizioso, sosteneva che ci spiassero. In effetti davano l’impressione di registrare minuziosamente ogni cosa che facevamo. Venivano spesso in città. Camminavano per le strade. Prendevano il bus. Entravano nei bar. Osservavano cosa bevevamo. Guardavano la tivù. Si sedevano al parco. Andavano al cinema. A teatro. Allo stadio. Al ristorante. Visitavano i musei. Seguivano le lezioni all’università. Insomma, erano un po’ ovunque. Ma non partecipavano. Non importunavano. Osservavano in silenzio. Eri capace di ritrovarteli dove meno te lo aspettavi: in un vicolo cieco, come sotto la doccia, o dentro alla cabina delle foto nella stazione della metro mentre ti facevi immortalare. Perfino nei cessi pubblici. Anche se sembrava non avessero obblighi corporali. E non fossero dei debosciati guardoni. Sempre imperturbabili, calmi, discreti e composti. E soprattutto silenziosi. E questo capitava sistematicamente, senza varianti o eccezioni, in ogni angolo del globo.
Tutto andò avanti così per un bel pezzo, tanto che ci eravamo ormai abituati a tal punto alla loro presenza da non farci più caso. Si può dire che, non interagendo con noi, facevano più parte del paesaggio che del corpo sociale. Non si potevano definire né alieni, né diversi. Erano altro. In loro sembrava non esserci ombra di competizione, rivalità, o minaccia. Erano. Anzi, stavano… Lì. Semplicemente. Sorta di innoqui vegetali semoventi.
Ma ecco che, un bel giorno, avvenne quello che nessuno avrebbe mai potuto immaginare, e che lasciò il mondo allibito. Ma che dico allibito: molto, ma molto di più... tanto che, essendo un’esperienza unica, non mi viene nemmeno il termine appropriato. Forse bisognerebbe inventarlo. Negli USA era in corso, già da diversi mesi, un’accesa campagna elettorale per l’elezione del presidente. La candidata Sarah Palin aveva appena terminato uno dei suoi pacati discorsi in una tranquilla e pacifica cittadina del Texas, e si accingeva a raggiungere la limousine che fremeva col motore acceso. A mezza strada incontrò uno Spaziale che, senza malanimo, le intralciò il passaggio.
- Scansati, brutto pezzo di merda! - grugnì la graziosa candidata. E, nel profferire tali eleganti parole, allungò il braccio dando un vigorosa manata al malcapitato. Questi, senza pensarci su due volte, visto che pensare non sembrava rientrare nelle sue orbite e traiettorie, le restituì dieci manate in rapida successione, che la mandarono lunga distesa a gambe all’aria sull’erba. Con ampia mostra di coulottes, modello “e moh t’arrapo io”. Ed una tetta che, dopo essere schizzata fuori dal reggiseno minimizer, forata dal collier , nonostante fosse un brevetto garantito run on flat, si sgonfiò in un nanosecondo, con vistosa fuoriuscita di una pappetta similsiliconica. Subito le guardie del corpo si avventarono sul reo, ma ad ogni loro energica azione ne corrisposero dieci altrettanto energiche dello Spaziale. A questo punto, prima che gli energumeni potessero estrarre le pistole, l’essere o vegetale che fosse era già sparito. Probabilmente teletrasportato in altro luogo.
Grande fu il clamore suscitato dal fatto. La notizia fece rapidamente il giro del mondo. I giornali titolarono a caratteri cubitali: Incredibile! gli Spaziali si sono svegliati; I nostri ospiti hanno rivelato la loro vera natura!; I visitatori che vengono dallo spazio sono dei violenti!; Credevamo fossero venuti in pace e invece…; Attenti, sono aggressivi! ; Non fidatevi: sono dei veri mostri!; Se potete, evitateli!; La violenza viene dallo Spazio!...e tanto altro ancora. Tutta roba degna della migliore titolistica Science-Fiction anni ’50. Anche la Chiesa, che non aveva certo visto di buon occhio il loro arrivo, constatata da tempo l’impossibilità di evangelizzarli, adesso aveva colto la palla al balzo e, rispolverato lo spirito sadico e violento della Santa Inquisizione, mescolato all’ardore bellicoso delle Crociate, si scagliò contro di loro con parole di fuoco. E come si conviene alla migliore tradizione ecclesiastica non mancò nemmeno qualche invasato che si mise a predicare di arrostirli sul rogo, non prima però di averli torturati per benino. A poco servì la prudenza e la moderazione dell’ala più illuminata e buonista della società. Non era ancora panico, ma adesso cominciavamo a guardarli con un altro occhio.
Da allora in poi quella che era stata una presenza anodina, asettica, assunse sempre più la fisionomia di una convivenza scomoda. Nel migliore dei casi. Oltre alla violenza, le altre manifestazioni umane alle quali gli Spaziali erano sensibili e reagivano, e che mi sono dimenticato di citare all’inizio, erano le menzogne e le stupidaggini. Sembrava avessero un sensibilissimo detector che rilevava inesorabilmente queste umane debolezze, provocando una reazione fisiobiochimica devastante. In pratica: al sentir pronunciare una bugia o una cretinata, replicavano cambiando rapidamente colore ed emettendo un sibilo così assordante da essere udito a parecchi chilometri di distanza; e che durava tanto più a lungo quanto più grande era la panzana o la stronzata. Furono così tante le persone che riportarono danni da questo insopportabile emissione sonora, che non si riusciva più a trovare un otorino disponibile a pagarlo a perso d’oro. Gli apparecchi per l’udito andavano a ruba. I tappi di cera andarono fuori stock in poche settimane. Lo stesso dicasi per le cuffie antirumore. Le azioni delle ditte produttrici di questi articoli schizzarono alle stelle. Tanto che Wall Street sospese le negoziazioni dei titoli per due settimane. Le facoltà di medicina videro d’improvviso crescere a dismisura le iscrizioni a Otorinolaringoiatria.
Il fatto clamoroso che rivelò al mondo questa sorta di percezione extra sensoriale dei nostri ospiti fu il confronto-dibattito elettorale che aprì la campagna per le elezioni presidenziali in Italia. Pare che i due candidati, nel giro di mezz’ora, riuscirono a inanellare una tale sfilza di puttanate, menzogne e assurdità che, a causa dell’intemperanza degli Spaziali, il Paese rimase sveglio per una settimana di seguito. Dal Monte Bianco a Santa Maria di Leuca. Naturalmente ci volle un bel po’ perché tutti capissero il motivo di tale reazione. Anche se i più accorti lo intuirono subito. E cercarono in fretta e furia di metterci una pezza. Come potete ben immaginare ogni sforzo risultò vano. Prime pagine dei quotidiani, radio e telegiornali, sfrattati gli argomenti più catching quali guerre, esplosioni nucleari, tsunami, malversazioni e scandali politici, si riempirono di cronache dettagliate e trasmissioni in diretta che vedevano come protagonisti i nostri ormai prevedibili ospiti e le loro gesta. Queste ultime sempre riportate non senza una certa faziosità. Solo i bambini parvero divertiti alle loro plateali manifestazioni di insofferenza. Non mancò fra i più piccini chi vi trovò un larvato nesso con la Fata Turchina di Pinocchio. Sta di fatto che furono i primi a eliminare le bugie dal loro quotidiano.
Devastante fu la seduta a camere riunite del Parlamento francese al castello di Versailles, quando all’intervento del presidente Sarcò, probabilmente zeppo di stellari promesse, siderali omissis, e galattiche stronzate, due Spaziali emisero un sibilo di dimensioni tali da mandare in frantumi vetrate, lampade, lampadari, schermi televisivi, occhiali di deputati e senatori. Non furono risparmiate nemmeno le tazze e i lavabo dei cessi, insieme ad alcune statue dei giardini. Fortunatamente di autori minori. La paura fu tale che più della metà dei parlamentari e rappresentanti della stampa furono ricoverati in cliniche per il recupero mentale, ed entrambe le camere dovettero chiudere i battenti per due mesi. Le onde sonore superate le mura del castello si propagarono ovunque, infilandosi nelle vie cittadine e nei tunnel del metrò. Gli ascensori della Tour Eiffel si bloccarono. I semafori impazzirono. Nella loro inarrestabile, folle corsa raggiunsero le banlieue per perdersi lontano nelle campagne. Dove le mucche smisero di dare latte per parecchi mesi. Le galline le uova. Gli uccelli migrarono prima del tempo. I raccolti andarono a farsi benedire.
In tutto il mondo ormai non si contavano talk shaw, spot pubblicitari, programmi politici, relazioni di bilancio, interviste, conferenze stampa, processi, summit, discorsi alla nazione mandati all’aria dall’Urlo dello Spazio, come veniva ormai chiamato il disumano, terrificante sibilo di quegli scomodi ospiti. In men che non si dica tutto questo finì per sconsigliare chiunque dal pronunciare la benché minima fanfaronata. La più piccola sciocchezza. La più veniale delle bugie. Niente da dire: come deterrente e inibente quel suono era insuperabile. Per molti versi una manna... dallo Spazio. Chi poi avesse voluto reagire usando la violenza, avrebbe avuto pane per i suoi denti.
A poco a poco la verità si faceva strada. La loro strategia diventava sempre più chiara. Si comprese che gli Spaziali erano venuti sulla Terra con uno scopo ben preciso: impedire che continuassimo a farci del male. Ma soprattutto evitare che potessimo farlo ad altri. Ai popoli di altri mondi. Mettendo in crisi l’equilibrio universale. Ci avevano provato a lungo da lontano, ma senza grande successo. Fino alla loro discesa in terra erano solo riusciti a ostacolare e rallentare i nostri tentativi per andare a fare danni nelle galassie. In pratica avevano condizionato i nostri progressi scientifici proprio per questo. Non vi siete mai chiesti perché missili, navicelle spaziali, lo Shuttle stesso, sono così maledettamente primordiali se paragonati, che so, ad un notebook? I missili sembrano dei minareti col fuoco al culo, non molto diversi dai primi fuochi d’artificio cinesi. Le varie Mercury, Gemini, Apollo, Soyuz sono più prossime a delle Isetta senza ruote che a veicoli spaziali. E lo Shuttle, poi? Un aereo disegnato da un bambino delle elementari, che contraddice ogni legge della fisica e dell’aerodinamica. Con quel suo buffo nasone nero alla Pluto e quella copertura di ceramica di Sassuolo. Bene, tutto ciò non è un caso. E’ voluto. Condizionato dagli Spaziali che, dopo lo sbarco sulla Luna, vista la nostra scarsa propensione a superare la nostra fragile e assai imperfetta natura, a migliorarci dentro, come individui, avevano deciso di rallentare la nostra esplorazione dell’ universo. Per evitare che potessimo contaminare con stronzaggine e stupidità altri abitanti dello spazio. Nello stesso tempo, mentre rallentavano i nostri studi di cibernetica e missilistica, non infondendoci più la loro scienza se non col contagocce, acceleravano le nostre conquiste nelle nanotecnologie, passandoci telepaticamente informazioni a getto continuo. E così Cpu, Ram, Bios, Cipset, Video & Sound Cards… e compagnia briscola in poco tempo fecero passi da gigante. Sempre più minuscoli e sofisticati. Tanto da condurci alla produzione di veri gioielli della tecnica, come i piccoli e potentissimi computer che stavano ormai in un taschino, o a spingerci ad aprire il Web alle masse. E non lasciarlo esclusivo strumento del Pentagono. Perché, vi chiederete? Semplice: per farci maturare. Progredire. Nel profondo del nostro io. Migliorare il nostro carattere. La nostra natura. Le nostre relazioni col prossimo. Per accelerare la diffusione dell’empatia fra le razze, le religioni. Dall’esplorazione dello Spazio profondo alla scoperta di noi stessi e dei nostri simili. Pensate a cosa significa Internet in questo senso. Quale potente e rapido strumento di avvicinamento tra i popoli rappresenta la Rete. Pensate a come ha facilitato e velocizzato gli scambi epistolari. A come ha permesso di interagire con l’altro, il diverso, a simpatizzare con lui, a scambiare punti di vista, necessità, a conoscerne e capirne le abitudini, gli stati d’animo. E tutto in diretta. Da casa. Pensate a come ha reso possibile all’uomo della strada di poter incidere sulla realtà. Che dire, per esempio delle insurrezioni in Nord Africa? Sarebbero state possibili senza il tam-tam di Internet? Oggi, grazie alla Rete, l’informazione viaggia più rapida del vento, dell’aereo più veloce. Fra un po’ gareggerà con la luce. Non conosce limiti né confini, se non la mancanza di energia. Altro che segnali di fumo, piccioni viaggiatori, o posta aerea. Fra tutti i mezzi, solo il telefono, e un po’ la televisione, prima del computer e della Rete, avevano accorciato tempi e distanze. Ma al primo mancava la gratuità, il poterne disporre a piene mani; alla seconda la gestione diretta, personale, e soprattutto entrambi non permettevano di saltare qua e là. Di percorrere in un lampo, in lungo e in largo, territori qualitativamente diversi come l’informazione, la cultura, l’arte, le relazioni umane. Di N A V I G A R E in mondi paralleli. Di S P A Z I A R E nell’umano sapere, trovando nuovi nessi tra cose e persone. Ma anche questo, secondo gli Spaziali, avrebbe richiesto tempi troppo lunghi e così, un bel giorno, decisero di palesarsi per darci un’ altra spintarella. Un altro aiutino.
Adesso, sotto il loro controllo diretto, con i loro metodi didattici un po’ bruschi, visto che eravamo un po’ duri di comprendonio, cercavano di indicarci la via. In modo più esplicito. Diciamo pure direttivo. Avevano assunto la funzione educativa che anni addietro apparteneva a famiglia e scuola. Ci insegnavano come comportarci nella vita. Come stare al mondo. Eliminando violenza, prevaricazione, maleducazione, egoismo, stupidità e menzogna. Fischia! Mica roba da poco. I loro ruvidi metodi omeopatico-pavloviani sembravano proprio funzionare. Tanto che le persone più sensibili, soprattutto i giovani, se ne erano accorti e, dopo i primi attimi di smarrimento e sorpresa, cominciavano ad apprezzarlo. Capivano che un po’ di severità giovava al comportamento umano, al rispetto delle regole di civile convivenza. A tal punto da cominciare a manifestare apertamente il loro consenso e la loro riconoscenza. E temendo che, vista la generale lentezza di apprendimento, gli Spaziali potessero stufarsi e rinunciare alla loro missione, abbandonandoci al nostro destino, un bel giorno inscenarono in tutto il pianeta pacifiche manifestazioni di solidarietà e sostegno della loro azione. Fiumi di giovani invasero strade e piazze sibilando sereni per giorni e giorni. E le autorità si guardarono bene dall’intervenire.
Presto, volenti o nolenti, anche noi, vecchie generazioni, seppure un po’ recalcitranti, avremmo dismesso tare e vizi più abbrutenti e abbracciato la virtù. Di fronte a metodi di educazione forse un po’ rustici, ma di certo più efficaci e convincenti delle maniere soft. Il salto di qualità era lì, a portata di mano. Saremmo stati così stupidi da non cogliere l’occasione? Domanda retorica. Vista la determinazione e la forza di persuasione dei nostri tutors.
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Published on e-Stories.org on 02/16/2015.
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