Nel bindolo dell'esistenza,
si dipana con alterne vicende lo stame delle Parche,
eversamente al labirintico plesso,
che vieppiù s'aggroviglia!
Lo stallo della mente smarrisce,
negli arabeschi del tempo,
ogni ragione.
Nei laghi opachi, torbidi, del labirinto,
irremeabilmente, lubricamente,
glissano, sprofondano, annegano:
Muse, crisantemi di gioia, calendole di dolore.
Nei fondali, laggiù,
come spade acuminate a lacerare ogni afflato,
irte, cristalline, adamantine,
stalagmiti,
che lo stillicidio delle affrante calendole,
cadendo, ha scolpito.
Del cuore, d' ogni speranza depauperato,
i vibranti, postremi rantoli in uno spasmo,
crudelmente lacerano!
Lo stame delle Parche,
con dolore annaspa, con viscoso stridore incede,
le tetre gramaglie della notte,
sull 'obnubilata ragione calando.
Delle fantastiche, mostruose chimere,
sulle ali si bloccano,
alienazioni, paradossi, psichedelie.
Della mente ogni luce, sempre più fioca,
negli anfratti del labirinto, centripetata dal buio,
si eclissa.
Delle poesie annegate, il senso,
laggiù, tentar di trovare.
Eppur la vita bramare.
Inerme, subire voci, orrori, violenze.
Ultima Dea:
L'inflessibile, l'estremo, l'ineluttabile:
il sublime amplesso di Atropo!